Japan diary 1 – meglio tardi che mai

Cosa ci faccio davanti all’entrata di un palazzo in una viuzza di Kyoto sotto una pioggerella malinconica che fa molto “wabi-sabi“?

Aspetto la mia valigia che a quanto pare non ne ha voluto sapere di partire con me.

Quando all’arrivo a Tokyo ho visto un ragazzo con l’uniforme dell’Alitalia che reggeva un foglio con il mio nome, ho avuto crampi anche in quei muscoli che erano ancora illesi dopo svariate ore di volo insonne. Non era sicuramente lì per dirmi che qualcuno aveva mandato una limousine a prenderci.

“Dei quattro bagagli che avete imbarcato ne sono arrivati solo tre”.

E benvenuti in Giappone.

Beh, dai. Potrebbe andare peggio. Potrebbe… ok, meglio tacere.

Dopo qualche minuto di sospensione scopriamo che il bagaglio rimasto a Roma è il mio. Elaboro l’informazione e mi dico che è andata bene: sempre meglio avere le cose dei kids sotto mano, e tra me e mio marito sono decisamente io la persona con un approccio più zen ai fastidi quotidiani. Sospiro e compilo i moduli per la pratica, poi passiamo la dogana e procediamo verso la prossima piacevolezza che mi riserva l’amato Nippon. Un’ora e mezza di coda per ritirare il Japan Rail Pass. Come mai in un paese così evoluto (sotto certi aspetti) non riescano a trovare il modo di farti scaricare da un link il prezioso Pass per prendere lo Shinkansen, senza che tu debba per forza presentarti di persona con tutti i passaporti delle persone interessate, non mi è proprio chiaro. Condivido questo momento e sicuramente anche il pensiero con una folla di turisti insonnoliti, soprattutto italiani. Ci sono gli iniziati, che sono qui per la prima volta, e gli esperti, che emanano splendore e dispensano consigli su dove andare a mangiare il sushi, facendo bene attenzione a parlare un paio di decibel più forte del necessario. Quelli che sopportano tutto con stoico silenzio zen, come me, sono i miei preferiti.

Qualche ora dopo siamo finalmente a Kyoto.

L’appartamento è vicino alla fermata della metro nel quartiere di Shinpontocho, poco lontano da Higashiyama, zona lungo il fiume Kamo ricca di templi e attrazioni da visitare. Il che compensa il fatto che l’appartamento non sia né perfetto né stupendo, ma nel complesso è accettabile e soprattutto c’è una stanza con un vero pavimento di tatami e l’armadio ad ante scorrevoli, il fusuma, dove dormono i kids avviluppati in futon.

Oggi, terzo giorno a Kyoto, dovrebbe arrivare la valigia e sono giù che aspetto perché ho paura che nemmeno l’autista di takkyubin più esperto sia in grado di trovare questo vicolo, visto che non solo le strade non hanno un nome (a parte quelle principali), ma i palazzi non hanno nemmeno un numero civico.

Il takkyubin è il servizio di consegna bagagli a domicilio, che in Giappone si usa molto spesso. Per adesso niente e nessuno all’orizzonte, in compenso è appena arrivato il terzo treno di gomme al gommista qui vicino.

Decido di allontanarmi e fare due passi, attraverso la strada e quando mi giro verso la casa, ça va sans dire, vedo sbucare nel vicolo una macchina tondeggiante che sembra un giocattolo e che si ferma proprio davanti all’ingresso del palazzo. Una ragazza (una ragazza???) scende e tira giù dalla macchina-pulmino il mio trolley rosso con il nastro verde ed entra nel palazzo. Io ovviamente sono bloccata dal semaforo rosso. Appena scatta il verde mi lancio verso la casa, salgo le scale a due a due e arrivo mentre la ragazza sta per suonare il campanello alla porta dell’appartamento. La ringrazio e lei si inchina e si scusa perché non avendomi vista prima mi ha fatto fare le scale. Firmo il modulo, e, dopo svariati inchini e sorrisi, la ragazza torna al suo veicolo-giocattolo. Mi immaginavo un incaricato del takkyuubin completamente diverso, tipo omino con la fascia legata sulla fronte… sicuramente un retaggio della mia infanzia negli anni 80-90, allietata da parecchi cartoni animati giapponesi.

Comunque sono stata una donna di poca fede: come ho potuto dubitare dell’efficienza nipponica? Quella che sarebbe stata un’impresa impossibile senza navigatore per buona parte dell’umanità occidentale civilizzata, qui in Giappone è un gioco da ragazzi. Anzi, da ragazze!

E ora che il mio prezioso carico è arrivato, possiamo andare avanti con il nostro programma: gita a Nara!

Kyoto 24 aprile 2018

* ho iniziato il diario durante il mio viaggio in Giappone lo scorso aprile, ma poi per tanti motivi non l’ho mai pubblicato. Le esperienze preziose però vanno ricordate e a volte per ricordare ho bisogno di scrivere. Per cui scriverò non in ordine cronologico, ma emotivo, man mano che affioreranno i ricordi di questo viaggio che è stato un sogno diventato realtà.

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